Kanryo Higaonna (Naha, 10 marzo 1853 – Naha, 17 dicembre 1917)

 

 

Kanryo iniziò la pratica della Boxe del Pugno del Monaco con Seisho Arakaki quando aveva quattordici anni, a seguito di un combattimento in cui suo padre venne ucciso e lo stesso Kanryo venne picchiato. Durante la pratica conobbe un allievo anziano che aveva praticato a Fuzhou in Cina, dal quale imparò il Chun Fa e scoprì che gli stili di Okinawa derivavano da questa arte. Kanryo si spostò in Cina, a Fuzhou, nel marzo 1873 e studiò presso il Kojo Dojo, dove imparò i kata Saifa, Sanseiru, Kururunfa e Seipai. Nel frattempo viaggiò molto, in modo da imparare altri stili (Boxe del Drago, della Tigre, del Cane, del Pugno del Monaco e del Leone), inoltre alloggiò presso il Ryukyukan, struttura dove alloggiavano gli studenti delle Ryukyu. La sua forza di volontà era alimentata da una frase scritta dagli studenti suoi predecessori:

 

Chiunque riesce a essere paziente in circostanze ordinarie. Ma la vera pazienza consiste nel sostenere l’insostenibile. Tutti possono sopportare un po’, ma ci vuole un uomo per sopportare molto”.

 

Dopo un anno di alloggiamento, nel 1877, Kanryo lasciò il Ryukyukan e diventò uchi deshi del maestro Ryuryuko dopo aver salvato la figlia dall’annegamento durante una piena, iniziò quindi lo studio dei kata Sanchin, Seienchin, Seisan, Shisochin e Suparinpei. Imparò a usare gli strumenti tradizionali di allenamento (chiishi sashi, nigiri game, tetsurin, ishi-geta) e imparò anche l’uso delle erbe medicinali, l'agopuntura, il massaggio e l'uso delle armi (bo, sai, katana e shuto). Per colmare le lacune della sua istruzione studiò il confucianesimo e il bubishi e scoprì che l’allenamento fisico e quello spirituale devono procedere allineati. Dopo 10 anni passati a Fuzhou, nel 1882 tornò ad Okinawa, la quale versava in una condizione disastrata: l’imperatore giapponese aveva deposto il re di Shuri e annesso le Ryukyu al Giappone e sostituendo le scuole di Okinawa con quelle giapponesi. Kanryo, che sognava di poter insegnare quanto appreso in Cina, tornò a commerciare legna per sopravvivere e cadde in depressione, iniziando a vagare per Tsuji, quartiere malfamato a luci rosse di Naha, rifiutandosi di insegnare il Te a chiunque glielo chiedesse. Una sera, dopo aver passato la serata ad ubriacarsi, Kanryo andò verso casa, ma la padrona del locale, poiché fuori era buio, lo fece accompagnare da un servo del locale che teneva una lampada per illuminare il cammino. I due vennero aggrediti da Sakuma Kanta (uno dei più bravi combattenti di Naha) e da due suoi compagni. Sakuma, conoscendo Kanryo e approfittando della sua ubriachezza, lo attaccò con un colpo al plesso solare. Si narra che Kanryo indietreggiò e colpì a sua volta il polso dell’aggressore, il quale corse via seguito dai suoi uomini, e da quella notte in poi Kanryo fu soprannominato il “Guerriero segreto di Naha”. Alla fine si arrese alle innumerevoli richieste e iniziò a insegnare a Naha, nel cortile della casa dei suoi genitori. I suoi allenamenti erano molto duri, per i primi 3 o 4 anni insegnava solo Sanchin e molti allievi abbandonavano per sconforto e noia.

Ai suoi allievi usava ripetere:

 

"Il Tode non è stato inventato per far male alla gente, ma per aiutare la società”.

 

Il Tode ha bisogno di tecnica e ha bisogno di uno scopo”.

 

Nelle arti marziali il progresso spirituale è importante; ricordate quindi che se qualcosa nella vita vi ostacola il cammino, spostatevi e girategli intorno”.

 

Una volta tornato a Okinawa e intrapreso gli insegnamenti, Kanryo iniziò un processo di modifica e sviluppo della sua arte, fondendo i vari insegnamenti che aveva acquisito durante la sua permanenza in Cina. La sua arte era “leggera”, inserì l’uso di spostamenti e calci bassi e veloci e, vedendo che molti giovani di Okinawa, privi di conoscenze sulle arti marziali, usavano i pugni chiusi nei combattimenti, modificò il Sanchin e introdusse nel kata i pugni chiusi (il Sanchin che aveva appreso era eseguito a mani aperte). Kanryo morì di malattia il 15 dicembre 1917 lasciando 3 preziosi consigli:

 

"I risultati dei propri sforzi sono cumulativi: non avere fretta e non metterti in mostra."

 

"Allenati secondo la tua capacità."

 

"Ripeti ogni esercizio fino allo sfinimento e aumenta gradualmente l’intensità."

 

Il termine Naha-Te viene formalizzato solo in seguito, nel 1927, a fronte della visita di Jigoro Kano a Okinawa. Fino a quel momento Kanryo chiamava la sua arte semplicemente Tode.


Chojun Miyagi (Naha, 25 aprile 1888 – Naha, 8 ottobre 1953)

 

 

 

Chojun Miyagi nacque in una famiglia benestante di Higashi Machi, un sobborgo di Naha, il 25 aprile 1888. Era di corporatura forte, amante dello sport e abbastanza indisciplinato. Iniziò il suo addestramento con Ryuko Aragaki all’età di 12 anni, l’approccio di Aragaki però consisteva nell’insegnare unicamente il combattimento, con scarsa enfasi sul concetto di arte marziale. Dopo aver notato l’impegno di Miyagi, Aragaki lo presentò a Kanryo Higaonna, il quale cominciò ad addestrarlo all’età di 14 anni dandogli compiti come strappare le erbacce o fare le pulizie. In seguito Chojun imparò il kata fondamentale del Naha-Te, il Sanchin, insieme agli esercizi di hojo undo e, nonostante la durezza degli allenamenti, fu entusiasta, tanto che si allenò per conto proprio correndo nel tragitto tra casa e scuola e sollevando pietre pesanti. All’età di 20 anni Miyagi divenne il principale allievo di Kanryo e con il tempo imparò tutti i kata che Higaonna aveva appreso in Cina. Nel 1910 Chojun dovette interrompere gli allenamenti perché fu chiamato a intraprendere il servizio militare sull’isola di Kyushu, che concluse nel 1912. Nel maggio del 1915, ispirato dai racconti del suo maestro, Chojun partì per la Cina in compagnia di un suo amico, Go Kenki, il quale faceva l’importatore di tè, ma durante il tempo libero insegnava la forma di Shaolin meridionale della Gru Bianca nel suo negozio di tè a Naha e non esigeva niente in cambio, se non chiedere agli allievi di portare uova fresche che mangiavano durante le lezioni. I due raggiunsero Fuzhou in cerca dei maestri Ryuryuko e Wan Xin Xian, ma essendo tutto cambiato in seguito alla rivolta dei Boxer (1900) e la successiva guerra non riuscirono a trovarli. Incontrarono molti maestri del posto, tra cui un allievo anziano di Ryuryuko, che chiese a Chojun di mostrargli i kata. Alla fine della dimostrazione l’uomo disse che ne mancava uno e iniziò a eseguire Sanseiru che in realtà Chojun conosceva ma non aveva eseguito perché non gli piaceva. L’uomo disse poi che la scuola che cercavano non esisteva più, infatti alla fine Chojun e Kenki trovarono solo la tomba di Ryuryuko. Dopo circa un anno passato in Cina tornarono a Naha e l’anno successivo, nel 1917, Higaonna morì e i suoi allievi più anziani, Chojun e Kyoda Juhatsu, presero strade diverse. In quel periodo Chojun creò il kata Tensho, basato sulle posizioni del Sanchin ma con tecniche dello stile della Gru Bianca. Nel 1926 Chojun fondò il gruppo del Ryukyu Tote Kenkyukai, confrontandosi così con i maestri degli altri stili e arricchendo il suo curriculum marziale. Una volta si trovò a spiegare le difficoltà del karate a Jigoro Kano e lo descrisse così:

 

Visto da lontano, il Maestro Kano sembrava un vecchio qualunque, ma, quando si era vicino a Lui, si aveva l’impressione che fosse un gigante delle montagne. Questo è assolutamente strano”.

 

Nel 1929 diviene istruttore del dojo della scuola di polizia e negli anni seguenti insegnò anche presso il Palazzo di Giustizia, l’Associazione della cultura fisica, l’Istituto per insegnanti di Okinawa e in alcune università giapponesi. In quegli anni il karate stava diventando molto popolare in Giappone, specie nelle università, grazie anche agli sforzi di Funakoshi. Con precisione Miyagi presenziò gli allenamenti nelle università di Kansai, Osaka, Retsumeikan, Kyoto, e Doshisha, e nel 1934 fu nominato rappresentante del Butotukai a Okinawa e nello stesso anno fu inviato nelle Hawaii a insegnare alla grande comunità okinawense presente nell’arcipelago, alle cui lezioni, però, partecipavano anche alcuni americani. Due anni dopo, nel 1936, Chojun tornò in Cina accompagnato da Kenki e da un allievo di quest'ultimo. I due andarono a Shangai dove incontrarono lo storico okinawense Kanjun Higaonna e dove Chojun fece una dimostrazione davanti ai membri dell’ambasciata giapponese, presso il club giapponese. L’allievo di Kenki, dopo aver trovato 5 libri cinesi sul Chuan Fa, li consegnò a Chojun per permettergli di tradurli. Nel 1937, durante una dimostrazione al Dai Nippon Butotukai, alcuni arbitri chiesero al miglior allievo del momento di Chojun, Jinan Shinzato, quale fosse il nome del proprio stile. Shinzato rimbalzò la domanda sul suo maestro, il quale citò la parte che preferiva del Kenpo Hakku (prezioso documento presente nel Bubishi, note come “le 8 leggi del pugno”): "Tutto nell’universo respira duro e morbido". Così lo stile prese il nome di Goju-Ryu. Sempre nel 1937 Miyagi ebbe l’onore di ricevere il titolo di Kyoshi dal Butotukai. Era la prima volta nella storia che un maestro di karate riceveva questo onore, che lo elevava allo stesso rango già posseduto dai maestri di judo e kendo. Qualche tempo dopo introdusse anche i kata Gekisai Dai Ichi e Ni (1940 circa), creati per insegnare ai principianti. L’esperienza nelle arti marziali spinse Chojun, insieme al dott. Jinsei Kamiya (amico e allievo) a inventare esercizi di riscaldamento e potenziamento, con lo scopo di irrobustire i giovani allievi e chiamò tali esercizi Yobi Undo. Gli esercizi si basavano sui fondamenti delle arti marziali e sulla ricerca medica e scientifica. Durante la guerra Chojun perse quasi tutto ciò che aveva. Tutti i suoi libri e manoscritti andarono distrutti durante i bombardamenti. La guerra gli portò via 2 figlie, un figlio e molti allievi, incluso anche Jinan Shinzato, che morì a 44 anni, quando la sua unità militare venne colpita da una bomba sganciata da un aereo americano. Nonostante tutto, seppur lacerato dal dolore, Chojun riprese ad insegnare a casa sua, nel quartiere di Tsuboya a Naha e alla polizia di Ryukyu. Gli allenamenti si tenevano nel cortile di casa di Miyagi, i lunedì, mercoledì e venerdì dalle 15 alle 20 circa. I nuovi allievi praticavano gli esercizi preparatori per rafforzare il corpo, sollevamento pesi e i movimenti dei piedi di Sanchin. Nel dojo c’erano circa 10 allievi per notte che si esercitavano perlopiù da soli, osservati e corretti da Miyagi. Il dojo era un tipico cortile circondato da un muro di pietra e da banani, e illuminato da lampade a olio. Quando pioveva era vacanza. Miyagi parlava spesso delle caratteristiche delle tecniche, dello stato attuale del mondo del karate, delle origini della Boxe cinese, dei legami tra questa e il buddhismo e della connessione tra karate e alcuni aspetti della cultura di Okinawa. Diceva:

 

Il Sanchin dovrebbe essere praticato 30 volte al giorno; infatti se si praticasse Sanchin per tutta la vita, non ci sarebbe motivo di studiare nient’altro. Il Sanchin contiene tutto”.

 

Una volta osservò che le ultime 2 tecniche di mano del Sanchin corrispondono a quelle di certe statue buddiste. Per spiegare i segreti del suo karate, Miyagi diceva:

 

 “È come il vento forte che soffia contro un salice: il tronco rimane ben piantato a terra mentre i rami si muovono col vento e non risentono della sua forza”.

 

Una volta Genkai Nakaima, un allievo di Miyagi, dato che il maestro poteva deviare automaticamente un attacco da dietro, gli chiese se avesse gli occhi dietro la testa. Miyagi rispose che in tali occasioni gli capitava di avere una sensazione, una specie di sesto senso, diceva spesso che essere senza un maestro è come camminare nel buio. Una volta, Chojun e alcuni suoi compagni avevano sentito che Matsu Kinjo di Itoman aveva imparato i principi segreti della boxe cinese di Fuzhou, così andarono a trovarlo. Dopo le presentazioni e la spiegazione del perché della loro venuta, gli chiesero una dimostrazione. Kinjo si legò in testa un hachimaki e cominciò quella che sembrava una danza lenta da zombie. A quel punto, pensando che li stesse prendendo in giro, Jinan Shinzato lo sfidò e lo attaccò. Kinjo, che era stato sincero nella sua dimostrazione, schivò e scaraventò Shinzato oltre la porta. Egli finì in giardino e si fece male alla schiena, a quel punto se ne andarono tutti in silenzio e non dissero nulla fino a casa. Miyagi disse:

 

“Ancora una volta sto andando a tastoni per una strada buia”.

 

Durante gli allenamenti Miyagi diceva che un atteggiamento umile insieme a una dura pratica erano i principi segreti del karate, era un insegnante molto severo, sempre attento che gli allievi facessero tutto giusto. Nessuno degli allievi di Miyagi poteva raggiungerlo nella tecnica. I kata eseguiti da Miyagi erano splendidi e durante la loro esecuzione usava la potenza delle anche, con movimenti potenti e circolari e i sui occhi incutevano timore. Dopo la pratica, invece, sembrava trasformarsi e diventare gentile e cordiale. Pur essendo molto famoso, Miyagi costituì un’eccezione al kakidameshi in quanto nessuno osava sfidarlo. Kenko Nakaima, compagno anziano e amico di Miyagi che incontrava a Nago quando Miyagi girava Okinawa facendo corsi in varie stazioni di polizia, racconta che fu proprio Miyagi a introdurre nel suo stile il caratteristico tipo di respirazione con una forte tensione dinamica.

Complessivamente Miyagi ha insegnato e trasmesso 12 kata, che ancora oggi sono alla base del Goju Ryu: Sanchin, Tensho, Gekisai Ichi, Gekisai Ni, Saifa, Seienchin, Shisochin, Sanseiru, Seipai, Kururunfa, Seisan e Suparinpei.

Chojun morì l’8 ottobre 1953 in seguito a una emorragia cerebrale (aveva 65 anni). Benché non fosse il suo obiettivo, Chojun gettò le basi della diffusione mondiale del Naha-Te.

Quando era ancora in vita lasciò tali parole:

 

Non colpire gli altri e non permettere agli altri di colpirti. L’obiettivo è la pace senza incidenti”.

 

Si deve tenere presente che i principi del karate Goju Ryu sono presenti nei Kata”.

 

"L’uomo deve ingrandire il proprio essere attraverso la pratica del Budo, come mostra il Maestro Kano. Voglio rendere il karate degno di essere al rango del Budo mediante la sua qualità. Tu, mio discepolo, lo capisci e vuoi seguirmi a questo scopo?"


Jitsumi Gogen Yamaguchi (Miyazaki, 20 gennaio 1909 – Miyazaki, 20 maggio 1989)

 

 

 

Gogen nacque il 20 gennaio 1909 a Miyakonojo Shonai, nella Prefettura di Miyazaki, in Giappone, vicino alla città di Kagoshima nell'isola di Kyushu e fu chiamato "Jitsumi" da suo padre, che faceva il mercante e successivamente l'insegnante di scuola. Gogen era il 3º di una grande famiglia giapponese di dieci figli in cui vi era una tradizione di arti marziali, ma fin da giovane Yamaguchi era affascinato dal judo, dal kendo e da altre arti marziali. A cinque anni Gogen fece le scuole elementari e in seconda elementare cominciò a studiare il Jigen-ryu Kenjutsu, uno stile di scherma giapponese (lo stile dei samurai Satsuma che invasero Okinawa nel 1609) e, dopo che la sua famiglia si trasferì a Kyoto, iniziò ad allenarsi nel karate sotto la guida di Maruta Takeo. Maruta era anche un falegname ed era uno studente del leggendario Chōjun Miyagi di Okinawa. Il giovane Yamaguchi praticava la scherma di giorno e il karate di notte: il suo unico interesse era diventare sempre più forte ed era molto soddisfatto degli allenamenti di karate. Si rese conto di trovare la sua condizione fisica completamente cambiata dopo qualche anno di pratica: gambe e braccia diventavano più forti, muscoli e ossa si sviluppavano molto e soprattutto si trovò pronto a difendere e contrattaccare in qualsiasi momento. Finita la scuola Yamaguchi si iscrisse all’università del Kansai, ma venne espulso per la sua aggressività. Intraprese allora gli studi in legge presso l’università Retsumeikan di Kyoto, che negli anni 1920 - 1930 era una scuola che preparava gli amministratori pubblici del Giappone per i territori occupati fuori dalla nazione. Nel 1930 Jitsuei Yogi (allievo di Chōjun Miyagi) insieme con Gōgen Yamaguchi co-fondò il Retsumeikan daigaku karate kenkyū-kai, il primo club di karate all'Università di Retsumeikan. Il Retsumeikan Karate-dō Kenkyū-kai era il primo club universitario di karate nel Giappone occidentale nonché famigerato per gli allenamenti pesanti e i fieri combattimenti di karate. Gogen era noto come "il gatto" presso i suoi allievi occidentali, che lo soprannominarono così per via dei lunghi capelli e dei movimenti veloci e felini.

Nel 1931 capitò un incidente alla Manciuria in seguito al quale il Giappone la occupò e nel 1932 fondò la repubblica di Manchu-kuo, uno stato fantoccio ideato per essere un paradiso di cui, nel 1938, Gogen Yamaguchi fu richiesto per diventare governatore. Essendo un patriota, Gogen andò e prestò servizio fino al 1945. Nel suo libro non descrisse molto quali furono i suoi compiti: sembra un misto di amministratore, risolutore di guai, spia e agente segreto. Durante tutto il suo tempo in Manciuria continuò a praticare il karate (i suoi allenamenti lo tirarono fuori dai guai parecchie volte). Qui capitarono due situazioni in cui il suo allenamento si rivelò fondamentale. La prima occasione fu quando combattè con Ryu Kaku Rei, un maestro di boxe cinese. Yamaguchi aveva sentito di quest’uomo dai suoi agenti e per curiosità lo andò ad osservare, ma non si aspettava molto; gli si presentò e i due si misero d’accordo per una gara. Ryu Kaku Rei aveva sviluppato uno stile personale, lo “stile del dragone”, pur avendo circa 67 anni (Yamaguchi ne aveva poco più di 30). Yamaguchi si accorse subito che Ryu sapeva combattere e non riuscì ad andare oltre il pareggio: il racconto del combattimento in un certo senso è melodrammatico. Yamaguchi lo definì pareggio perché finirono entrambi K.O. ma chiaramente l’uomo più anziano lo impressionò e lo spinse al limite delle sue capacità. Il secondo episodio avvenne nel maggio del 1945, appena prima della fine della guerra, in cui dai rapporti dei servizi segreti sembrava ci fosse in programma un grande attacco dei comunisti nella città dove Yamaguchi prestava servizio. Il comando giapponese snobbò queste informazioni, ma Yamaguchi aspettò nervosamente. Alla fine 1000 banditi comunisti lanciarono il loro attacco e ne seguì una battaglia campale. Yamaguchi racconta:

 

“Guardai Suzuki e gli dissi – è ancora incerta – proprio allora udimmo il suono di armi e grida di battaglia vicino alla porta del castello. - Arrivano! Porta tutti su ai piani di sopra, io starò giù a difendere! – i miei uomini seguirono l’ordine, io presi due pistole e mi nascosi al piano di sotto. Udivo urla dappertutto, dato che molti banditi invadevano la città e attaccavano a forze spiegate uccidendo molti abitanti. I cittadini scappavano e pallottole fischiavano dovunque, regnava la confusione. Dei banditi a cavallo si fermarono di fronte al nostro ufficio. Cercai riparo mentre sparavo attraverso la finestra fino a scaricare entrambe le pistole. 20 banditi con pistole e spade cinesi ci corsero incontro, 5 o 6 buttarono giù la porta con i calci dei fucili ed entrarono nella stanza. Con le mie armi scariche mi affidai alla scuola Go-Ju per la mia difesa. Presi un bel respiro ed ero pronto per combattere. La stanza era buia e i banditi non potevano usare i loro fucili liberamente senza rischiare di spararsi tra loro. Io ero allenato per vedere con così poca luce e sapevo di poter sostenere l’attacco di 4, 5 persone alla volta. In questa situazione quindi, dovevo affrontare il nemico uno per uno. Evitai il primo bandito che cercò di colpirmi con il suo fucile e girandomi svelto a destra lo colpii nei genitali con un calcio circolare. Urlò e cadde a terra. Un altro mi sparò da dietro ma mi mancò: tirai una gomitata sullo stomaco con grande forza. Tirai un pugno destro a uno che cercava di colpirmi con una spada cinese insanguinata. Il combattimento era confuso ma la stanza era stretta e questo era a mio vantaggio: quando si avvicinarono li buttai giù usando le mie tecniche. Ero capace di combattere più liberamente perché non avevo nessun riguardo per la salute dei miei avversari. Alcuni banditi salirono le scale ma furono fermati dalle armi da fuoco dei miei uomini che proteggevano donne e bambini. Attaccai i banditi mirando ai loro occhi o fra le cosce, muovendomi velocemente. Combattendo duro speravo potessimo durare fino a quando non arrivasse dell’aiuto. Presto ci furono urla davanti alla porta e i banditi cominciarono a disunirsi. Sembrava gli avessero ordinato di ritirarsi. I miei uomini scesero le scale e mi chiesero se stavo bene. Fortunatamente solo il mio braccio sinistro era stato ferito da una spada. Andai al piano di sopra per avere una vista migliore e osservai i banditi ritirarsi con armi rubate, polvere da sparo e provviste. Erano le 7 del mattino: quando mi resi conto che i banditi se n’erano andati persi tutte le mie forze e dovetti sedermi. Avevo combattuto con loro a mani nude per 40 minuti”.

 

Nel 1945, sebbene la guerra della Russia col Giappone non durò che 3 settimane, un gran numero di prigionieri di guerra giapponesi furono rastrellati per costruzioni urgenti in Siberia e Asia centrale. Alla fine della guerra l’esercito russo entrò in Manciuria e migliaia di giapponesi furono presi prigionieri, Yamaguchi era fra questi. Dopo aver passato diversi mesi in un campo di prigionieri, fu mandato in un campo di lavoro in Mongolia dove passò due anni.

C’è una storia su Yamaguchi molto conosciuta: quand’era in Manciuria affrontò e uccise una tigre a mani nude. La storia appare sul libro KARATE DOJO di Peter Urban. Urban aveva studiato karate in Giappone negli anni 50 con il M°. Yamaguchi. Urban racconta che in Manciuria Yamaguchi fu catturato dai russi che tentarono di spezzarne lo spirito con l’isolamento, la tortura e il digiuno (era quasi morto di fame). Fallirono e cambiarono sistema: presero una tigre e non la nutrirono per tre giorni e poi misero Yamaguchi nella gabbia dell’animale, aspettandosi che lo sbranasse. Invece Yamaguchi diede un calcio alla tigre nel naso, una gomitata in testa e si tuffò sul suo dorso. Le fece una presa da strangolamento e allo stesso momento emise un intenso urlo spacca timpani direttamente nell’orecchio dell’animale che cadde strangolato a morte. Nonostante tutto Gogen era riuscito a entusiasmare i soldati nemici e quando i russi scoprirono chi era, gli chiesero di insegnare loro il karate. Fu così che il prigioniero divenne il maestro delle guardie e loro divennero i suoi allievi. Nel 1947 Yamaguchi fu liberato e rimpatriato. Il 18 novembre del 1947 vide la costa del suo amato Giappone e a dicembre era tornato a Tokyo. Rimase scioccato dallo stato del Giappone post-bellico, non tanto dalla distruzione fisica degli edifici, quanto dal declino spirituale dei giapponesi. Era troppo per lui da sopportare. Con quello stato d’animo scrisse testamento e alla mezzanotte del 12 gennaio 1948 andò al tempio Togo di Harajuku deciso a commettere harakiri. Arrivato al tempio, si sedette vicino a un laghetto tranquillo e, con la spada vicina, iniziò a pregare. Cadde in una profonda concentrazione e come un fulmine a ciel sereno ebbe una rivelazione divina che cambiò la sua vita che descrisse così:

 

“Nel corso del tempo persi tutti i sensi ed ebbi come la sensazione di camminare fra le nuvole galleggiando nel cielo senza rendermi conto della mia esistenza. Quello che provai va oltre la mia abilità di descrivere. Tutti i guai passati erano dimenticati e mi sentii come se l’anima galleggiasse in un mondo di gloria e pace. Poi mi trovai come steso sul pavimento a faccia in giù. Non saprei dire per quanto tempo rimasi là. Ripresi i sensi mi sembrò che tutto risplendesse forte come se tutto il mondo vivesse in felicità. Non dimenticherò mai il mio stato mentale di quel momento”.

 

Quando Yamaguchi ebbe questa esperienza mistica si rese conto di una cosa che gli rimase in testa per tutta la vita: la sua missione nella vita era insegnare e dare una diffusione alle arti marziali. Inoltre realizzò di essere il maestro più anziano del Goju Ryu in Giappone e prese questa responsabilità molto seriamente. Di conseguenza nel 1948 aprì il suo primo dojo di karate a Nippori. In seguito il dojo venne distrutto da un incendio. Molte persone pensarono che la sua scuola fosse chiusa per sempre e che lui fosse rimasto ucciso nella guerra. Un altro effetto della “rivelazione divina” fu quello di deviare lo spirito di Yamaguchi ancora di più verso la religione e il misticismo. Fu proprio in questo periodo che cominciò a farsi crescere i capelli. Quando poteva si recava sul monte Kuruma per allenamenti durissimi. Qui conobbe un gruppo di monaci shintoisti impegnati in allenamento spirituale. Il reverendo Tadaki Yoshimura era il capo della setta Shin-shu di Shinto dal quale Gogen fu capace di imparare molte cose, iniziò a digiunare, sedeva in meditazione durante la notte e stava sotto una cascata in posizione sanchin per tentare di unificare la mente e il corpo:

 

“Fui sorpreso di sapere che questo allenamento ascetico influenzava in modo considerevole il mio carattere: trovai che ero capace di muovermi senza pensare, in un modo naturale e misterioso mentre mi allenavo, e sviluppai una certa percezione e potevo vedere rapidamente le cose prima che capitassero: anticipavo quello che stava per capitare”.

 

Dopo un lungo studio, Gogen divenne maestro di Shinto. Studiò anche yoga con Tengai Noda la più alta autorità del Giappone in questa disciplina. A tempo dovuto Yamaguchi formulò il suo sistema personale di Goju Shinto, una combinazione di Karate, Yoga, Goju e shintoismo, che includeva anche la dottrina Zen. Aveva familiarità con i vari tipi di yoga: hatha yoga, raja yoga e kundalini yoga. Quando tornava a casa Gogen organizzava grandi dimostrazioni a Tokyo. In queste occasioni mostrò le varie arti marziali cinesi e giapponesi che lui aveva appreso. La sua scuola riaprì nella zona di Suginami-ku di Tokyo. Chōjun Miyagi, successivamente, diede a Gōgen Yamaguchi la responsabilità di diffondere il Gōjū-ryū nel resto del Giappone. Nei primi anni trenta Gōgen disegnò quella che sarebbe diventata la leggenda del pugno simbolo del Gōjū-ryū. Gogen espanse rapidamente il suo metodo creando una scuola di Gōjū-ryū indipendente. La rapida espansione fu rinforzata dalla persona energica e forte di Gōgen che diede luogo ad una rete mondiale di scuole di karate, costruendo da solo un impero basato sulle arti marziali. Gōgen Yamaguchi stabilì la sede centrale del Gōjū-kai a Suginami-ku, Tokyo. Fu in questo periodo che egli registrò ufficialmente il nome Gōjū-ryū presso il Butokukai, (La direzione generale e Sede Centrale delle Arti Marziali Giapponesi). Dal 1950 la sede centrale del Gōjū-kai fu ufficialmente trasferita dalla scuola di Suginami, un quartiere nei sobborghi di Tokyo. Era una struttura a tre piani in cemento armato costruita sulla casa di Yamaguchi. Il piano terra aveva un dojo di karate, al primo un centro yoga shintoista e al secondo un dormitorio con una dozzina di letti. Nel 1955 (5 anni dopo) Gogen fondò ufficialmente la I.K.G.A. e nel 1964, insieme agli altri membri fondatori quali Ōtsuka Hironori del Wadō-ryū, Masatoshi Nakayama dello Shotokan, Mabuni Kenei e Iwata Manzao dello Shitō-ryū, unificò tutti i dojo del Giappone per formare la "All Japan Karate-dō Federation", ancora oggi esistente come Japan Karate Federation (JKF). Quando insegnava al suo “karate-do college”, il M° Yamaguchi dava anche una lezione di yoga settimanale, il lunedì pomeriggio: la lezione consisteva in posizioni yoga e meditazione. All’età di 73 anni si ritirò e lasciò l’insegnamento è nelle mani del figlio Goshi. Gōgen Yamaguchi Kaiso morì il 20 maggio 1989 all’età di 80 anni. Si sposò due volte, la prima moglie fu Midori (con la quale visse sull'isola di Kyushu), dalla quale ebbe quattro figli: Gōsei Norimi Yamaguchi, Gōsen Kishio Yamaguchi, Makiko Yamaguchi, e Gōshi Hirofumi Yamaguchi. Dalla seconda moglie, Mitsue, ha avuto una sola figlia, Gōkyōko Wakako Yamaguchi. Tutti i suoi figli praticarono il karate-dō e divennero maestri. Gōsei Norimi Yamaguchi ha una propria organizzazione negli Stati Uniti e Gōshi Hirofumi Yamaguchi è presidente della International Karate-dō Gōjū-kai, con filiali in 60 paesi. Gōsen Kishio Yamaguchi era il vice presidente della Japan Airlines mentre Kishio, che morì nei primi anni 1990, fu coinvolto nella gestione della I.K.G.A., la sua sorella più giovane, Wakako Yamaguchi, è stata campionessa per moltissimi anni nella All Japan Kata Champion e Makiko Yamaguchi morì per un tumore in età relativamente giovane, nei primi anni 1980.